lorcon reviewed Six days of war by Michael B. Oren
Though it lasted for only six tense days in June, the 1967 Arab-Israeli war never …
Una ricostruzione di alto livello della Guerra dei Sei Giorni
5 stars
Mi sono avvicinato al libro con certi pregiudizi sull'autore, ex ambasciatore Israeliano negli USA nominato da un governo Netanyahu negli anni 00 e politico di area centrista negli anni successivi. Detto ciò la postura analitica assunta dall'autore tiene. Il libro ha una corposa appendice bibliografica in inglese, arabo, ebraico e russo ed è stato realizzato con decine di interviste, orali e scritte, a membri dei diversi stati in lotta tra la fine degli anni '90 e 'inizio degli anni 00. L'idea centrale del libro è che la causa profonda della guerra del '67 non sia stata nè nella volontà strombazzata da Nasser di distruggere Israele nè volontà espansioniste del governo Eshkol, la cui politica andava in tutta altra direzione, ma sia stata l'intreccio di diversi fattori:
- la "guerra fredda araba" tra il blocco egiziano-siriano-iracheno (a guida Nasseriana) dei paesi con velleità di nazionalismo pan arabo e il blocco conservatore (Arabia …
Mi sono avvicinato al libro con certi pregiudizi sull'autore, ex ambasciatore Israeliano negli USA nominato da un governo Netanyahu negli anni 00 e politico di area centrista negli anni successivi. Detto ciò la postura analitica assunta dall'autore tiene. Il libro ha una corposa appendice bibliografica in inglese, arabo, ebraico e russo ed è stato realizzato con decine di interviste, orali e scritte, a membri dei diversi stati in lotta tra la fine degli anni '90 e 'inizio degli anni 00. L'idea centrale del libro è che la causa profonda della guerra del '67 non sia stata nè nella volontà strombazzata da Nasser di distruggere Israele nè volontà espansioniste del governo Eshkol, la cui politica andava in tutta altra direzione, ma sia stata l'intreccio di diversi fattori:
- la "guerra fredda araba" tra il blocco egiziano-siriano-iracheno (a guida Nasseriana) dei paesi con velleità di nazionalismo pan arabo e il blocco conservatore (Arabia Saudita e Giordania) che preferivano rafforzare i legami con l'occidente. Tale guerra fredda era diventata anche abbastanza calda con il conflitto Yemenita e gli egiziani che usavano gas tossici in quantità contro i villaggi yemeniti e le basi militari saudite. Il conflitto con Israele è stato usato dall'Egitto per spostare a proprio favore l'opinione pubblica dei paesi avversari e ha obbligato, obtorto collo, la monarchia Hashemita a partecipare alla guerra per non finire rovesciata
- l'intervento sovietico che convince l'Egitto che Israele stia per attaccare la Siria e sia necessario rimilitarizzare il Sinai e bloccare gli stretti di Tiran, un falso clamoroso di cui i Russi non hanno mai dato conto a nessuno anche se sapevano di giocare con il fuoco
- la sostanziale incapacità statunitense di imporre trattative di pace dovuta anche al fatto di non avere una leva sufficiente nè sull'Egitto nè su Israele (le relazioni statunitensi-israeliane in questo periodo sono piuttosto... complesse) e il contemporaneo disimpegno di De Gaulle dallo storico appoggio francese a Israele
- la singolare capacità di Nasser di rimanere a un certo punto vittima della propria stessa propaganda e trasformare una vittoria politica senza sangue come quella ottenuta rimilitarizzando il Sinai e chiudendo lo stretto di Tiran in una clamorosa sconfitta
- le politiche di rappresaglia israeliane per gli attacchi transfrontalieri delle organizzazioni nazionaliste palestinesi
Ecco, su questo ultimo punto secondo me emerge il bias dell'autore che prende in considerazione solo la disastrosa operazione di rappresaglia condotta a Samu' ed elide dal discorso lo stillicidio di operazioni di più piccola scala portate avanti negli anni precedenti. Insomma: i conflitti vanno analizzati nel loro contesto e non in base a grandi narrazioni. L'analisi del complesso gioco diplomatico e militare è comunque reso benissimo senza andare nei tecnicismi dei libri di storia più puramente militare, interessanti per nerd e addetti ai lavori. Interessante l'analisi del day-after del conflitto in cui si mostra chiaramente come il governo Israeliano non avesse un piano di sorta per i territori conquistati, se non barattarli in cambio di trattati di pace con i vicini, tesi per il cui approfondimento rimanderei a un saggista come Gorenberg in "The accidental empire" (bello ma non esattamente di agile lettura) e ai capitoli iniziali di "The Yom Kippur War" di Rabinovich (bello e di agile lettura); nel mentre negli USA si facevano piani grandiosi per proporre una pax americana... non capendo nulla della situazione. Sottolineo che è interessante e non banale il tratteggio psicologico dei vari leader (e si ammette tranquillamente che Dayan continua a rimanere un mistero a tratti insondabile). In definitiva una ricostruzione di alto livello, anche se con alcuni bias, del conflitto che ha veramente ridato forma al Medio Oriente, segnando il tramonto definitivo del nazionalismo pan-arabo, che lascerà il campo al nazionalismo palestinese propriamente detto e successivamente all'islamismo, lo stringersi delle relazioni israelo-statunitensi e la sussunzione definitiva di un conflitto regionale nel conflitto globale della Guerra Fredda. Se uno si aspetta la presenza di elementi di classe nel libro può continuare ad attendere: l'autore è un liberale e a certe cose non è avvezzo. Ma è un liberale intelligente e quindi va studiato.