Girlhood by Melissa Febos (Cronache)
Questo libro è un mosaico di storie sulle forze e le dinamiche che, sin dalle prime fasi della vita, plasmano …
Amo le frasi che non si sposterebbero di un millimetro neanche se le traversasse un esercito. Virginia Woolf, "La stanza di Jacob"
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Questo libro è un mosaico di storie sulle forze e le dinamiche che, sin dalle prime fasi della vita, plasmano …
Nella capitale tentacolare, insaziabile catalizzatrice delle logiche della prevaricazione, le rondini schizzano da una zona all’altra per portare ogni genere …
Nessuna vita è bella come sembra, nessuna vita è brutta come sembra: c’è una crepa in ogni singola cosa. Cercala, …
“L’unica volta che mia madre ha visto nascere un pidocchio è stato sopra la mia testa.” Si apre così questo …
In "Una famiglia americana" Joyce Carol Oates ci porta dentro il cuore nero della società borghese. Un mondo tanto affabile …
La protagonista di questo romanzo si sveglia spesso di notte per fare pipì, ha il terrore dei bagni pubblici, teme …
L’antropologo Spina bussa alla loro porta per un’intervista: così Caterina scopre che sua madre ha un passato rimosso e subito …
Denti di latte è un libro che ho cercato continuamente durante la lettura.
Volevo tornarci, tornare tra le pagine, stare ancora dentro a quello che avevano da dirmi. Ha fatto costantemente irruzione nello spazio e nel tempo delle mie giornate, attirandomi e accogliendomi ogni volta come fanno i luoghi che riconosciamo, che in qualche modo, chissà come, sono anche nostri. Luoghi in cui è bello sostare.
Non capita spesso, ma quando capita.
E magari capita perché la scrittura di Silvia Calderoni si può vedere e si può toccare, è fatta di materia viva, come sono vivi certi ricordi quando li vesti di immaginazione.
[…] C’è voluta molta pazienza e tanta pratica, ma ormai non c’è più niente di approssimativo, arrivo a rievocare scalini e battiscopa con una precisione da carta millimetrata. Luoghi circoscritti e nominabili vengono strappati da lontani spazio-tempo della mia memoria, per ricomporsi in un nero brillante infinitamente …
Denti di latte è un libro che ho cercato continuamente durante la lettura.
Volevo tornarci, tornare tra le pagine, stare ancora dentro a quello che avevano da dirmi. Ha fatto costantemente irruzione nello spazio e nel tempo delle mie giornate, attirandomi e accogliendomi ogni volta come fanno i luoghi che riconosciamo, che in qualche modo, chissà come, sono anche nostri. Luoghi in cui è bello sostare.
Non capita spesso, ma quando capita.
E magari capita perché la scrittura di Silvia Calderoni si può vedere e si può toccare, è fatta di materia viva, come sono vivi certi ricordi quando li vesti di immaginazione.
[…] C’è voluta molta pazienza e tanta pratica, ma ormai non c’è più niente di approssimativo, arrivo a rievocare scalini e battiscopa con una precisione da carta millimetrata. Luoghi circoscritti e nominabili vengono strappati da lontani spazio-tempo della mia memoria, per ricomporsi in un nero brillante infinitamente fertile. E più tutto diventa florido e ricco di dettagli, più il sonno che verrà si trasforma in una possibilità creativa. Per poter dormire un sonno creativo questa è la mia porta d’accesso. […]
Un centinaio di pagine così dense che non si riesce bene a capire come Silvia Tebaldi sia riuscita a far stare così tanto in così poco spazio.
Pare abbia scelto con cura le parole, una per una, nessuna esclusa, dedicando a questa ricerca tutto il tempo, tutto il tempo necessario.
Solo così si riesce a mettere così tanto in così poco spazio. Solo così si riesce a costruire una narrazione solida ma elastica.
Al confine tra prosa e poesia, confine sottilissimo, quasi invisibile, come un velo d’acqua, come dovrebbero essere tutti i confini, attraversabili, calpestabili, scavalcabili, Il lettore dell’acqua è una storia che è tante storie, che potrebbe esserne altrettante.
Mentre lo leggi pensi che possa andare avanti all’infinito, alimentandosi di questa lingua ibrida che gioca sui sensi e con i sensi.
Tessera dopo tessera Veronica Galletta costruisce i vènti di terra e vènti di mare, le ciucertole che sbucano dai taschini, le ingiurie. Un bambino che risponde ad un cieco, che è anche sordo, stringendogli la mano una volta per il sì e due volte per il no.
È tutto vivo in Pelleossa, anche le cose e le case. Anche i fantasmi e chi non c’è più. Vivono anche i sogni che hanno delle cose da dirti se li vuoi e si li riesci ad ascoltare. Vive, a modo suo, il paese di Santafarra, vivono la Casa Verde e la Cava d’Istrice, Il Camposanto Novo e la Fabbrica dei Pisci. Le reti da pesca, i cesti intrecciati. La nebbia che sale.
E il sud. Il sole che bombarda, la …
Mentre lo leggi pensi che possa andare avanti all’infinito, alimentandosi di questa lingua ibrida che gioca sui sensi e con i sensi.
Tessera dopo tessera Veronica Galletta costruisce i vènti di terra e vènti di mare, le ciucertole che sbucano dai taschini, le ingiurie. Un bambino che risponde ad un cieco, che è anche sordo, stringendogli la mano una volta per il sì e due volte per il no.
È tutto vivo in Pelleossa, anche le cose e le case. Anche i fantasmi e chi non c’è più. Vivono anche i sogni che hanno delle cose da dirti se li vuoi e si li riesci ad ascoltare. Vive, a modo suo, il paese di Santafarra, vivono la Casa Verde e la Cava d’Istrice, Il Camposanto Novo e la Fabbrica dei Pisci. Le reti da pesca, i cesti intrecciati. La nebbia che sale.
E il sud. Il sole che bombarda, la luce di mezzoiorna che si abbatte. Il mare che influenza gli odori e i colori, e anche gli umori, non importa se appartieni ai Terragni o ai Sali. Il sud con un altro tempo, quello lento ma costante, quello della terra, quello che scorre una stagione dopo l’altra. E proprio sulle stagioni che passano si dipana il tempo di questa storia. Il tempo presente, il tempo passato, che è sempre meno lontano di quanto sembri, ché forse il tempo è una spirale, e passato e presente finiscono per toccarsi.
Pelleossa di Veronica Galletta è la storia dei pinsèri ntorcinati come i rami dell’alivo saracino, pinsèri strangi che non si riescono a districare. E parole che a volte rimangono impigliate fra le ciglia.