«Delle tante cose per le quali gli esseri umani fanno affidamento sulle piante – nutrimento, bellezza, medicine, profumi, sapori, fibre – la più curiosa è senz’altro il loro uso per modificare la coscienza: per stimolare o calmare, per manipolare o alterare del tutto le qualità della nostra esperienza mentale.»
Per tutti noi l’assunzione quotidiana di caffeina coincide nientemeno che con la «condizione normale della coscienza». Eppure, quell’alcaloide naturale è a tutti gli effetti una droga, come rivela l’«esperimento di privazione» cui Michael Pollan si è sottoposto, trovandosi afflitto via via da mal di testa, letargia e «intensa angoscia». Per cercare di rispondere alla domanda cruciale da cui è partito – che cosa sia esattamente una droga –, Pollan intreccia reportage, memoir e saggio scientifico, spaziando attraverso varie discipline e concentrandosi soprattutto su tre molecole psicoattive: oltre alla caffeina, l’oppio, il cui effetto – secondo il poeta vittoriano Robert Bulwer-Lytton – …
«Delle tante cose per le quali gli esseri umani fanno affidamento sulle piante – nutrimento, bellezza, medicine, profumi, sapori, fibre – la più curiosa è senz’altro il loro uso per modificare la coscienza: per stimolare o calmare, per manipolare o alterare del tutto le qualità della nostra esperienza mentale.»
Per tutti noi l’assunzione quotidiana di caffeina coincide nientemeno che con la «condizione normale della coscienza». Eppure, quell’alcaloide naturale è a tutti gli effetti una droga, come rivela l’«esperimento di privazione» cui Michael Pollan si è sottoposto, trovandosi afflitto via via da mal di testa, letargia e «intensa angoscia». Per cercare di rispondere alla domanda cruciale da cui è partito – che cosa sia esattamente una droga –, Pollan intreccia reportage, memoir e saggio scientifico, spaziando attraverso varie discipline e concentrandosi soprattutto su tre molecole psicoattive: oltre alla caffeina, l’oppio, il cui effetto – secondo il poeta vittoriano Robert Bulwer-Lytton – è assimilabile al «sentirsi accarezzare l’anima dalla seta», e la mescalina, la più «sacra», che permise ad Aldous Huxley di vedere il mondo nella sua autentica «bellezza, minuzia, profondità e “quiddità”». Da questo affascinante percorso emerge ogni aspetto di queste sostanze, e in particolare la loro «natura bifronte»: il loro essere cioè «veleni» e «attrattori» al tempo stesso, in grado da un lato di dissuadere gli animali dal mangiare le piante che le producono, dall’altro di spingerli a utilizzarle accrescendo così la loro espansione ecologica: la caffeina contenuta nel nettare di certe piante, per esempio, rende le api impollinatrici «più affidabili, efficienti e industriose». Un’ambiguità che contraddistingue anche il millenario rapporto con le «droghe» degli esseri umani – e spiega come mai, sul piano evolutivo e culturale, «quella che era iniziata come una guerra» nei loro confronti si sia «trasformata in un matrimonio».
Piante che cambiano la mente, è un libro che si legge piacevolmente, lo stile è quello del reportage giornalistico, intervallato da episodi autobiografici, sia riguardanti gli aspetti personali e famigliari dell'autore, che quelli più strettamenti legati al lavoro di inchiesta vero e proprio.
Il punto di vista sugli argomenti trattati è quello di un appassionato di botanica, un pollice verde affascinato non solo dalle peculiarità delle piante , ma anche dalla storia che ne racconta la loro diffusione e il loro rapporto con la specie umana e le relative implicazioni che questo rapporto ha avuto a livello sociologico ed economico.
La tematica è affrontata volutamente in maniera non esaustiva, ma la bibliografia di riferimento è ricca di interessanti spunti per chi fosse interessato ad affrontare l'argomento in maniera più approfondita.
Consigliato
Allora premetto che a me sto genere di saggistica piace, per cui forse sono un po' di parte. Secondo me Pollan in questo libro fa veramente un eccellente lavoro, perché da una parte ci schiude i segreti della chimica delle sostanze, dall'altra mette in gioco se stesso, in prima persona, studiando e provando quanto descrive. Lo so che è qualcosa che molti studiosi spesso fanno, però lui riesce a raccontare le sue vicissitudini con ironia, a cavallo tra il reportage giornalistico e il saggio scientifico, esplorando i significati che alcune particolari sostanze possono avere nella vita di tutti i giorni. Le piante che cambiano la mente sono sorprendentemente banali, diciamo nascoste in bella vista, e manipolano le persone a loro vantaggio, sì certo, ma ci guidano anche in una maniera che rende la conoscenza di noi stess* più accessibile. Il limite tra ciò che chiamiamo droga e ciò che non …
Allora premetto che a me sto genere di saggistica piace, per cui forse sono un po' di parte. Secondo me Pollan in questo libro fa veramente un eccellente lavoro, perché da una parte ci schiude i segreti della chimica delle sostanze, dall'altra mette in gioco se stesso, in prima persona, studiando e provando quanto descrive. Lo so che è qualcosa che molti studiosi spesso fanno, però lui riesce a raccontare le sue vicissitudini con ironia, a cavallo tra il reportage giornalistico e il saggio scientifico, esplorando i significati che alcune particolari sostanze possono avere nella vita di tutti i giorni. Le piante che cambiano la mente sono sorprendentemente banali, diciamo nascoste in bella vista, e manipolano le persone a loro vantaggio, sì certo, ma ci guidano anche in una maniera che rende la conoscenza di noi stess* più accessibile. Il limite tra ciò che chiamiamo droga e ciò che non lo è, in queste pagine è chiaro, ed è un limite labilissimo, in un attimo siamo sull'una o sull'altra sponda; del resto, e vale anche
per molte altre cose, la sostanza di per sé non è né buona né cattiva, sta a noi farne rimedio o veleno.