levysoft reviewed Dove nessuno ti troverà by Alicia Giménez Bartlett
Tra Storia e Mito
4 stars
Ho trovato il libro bello e scorrevole in molte parti, forse un po’ troppo lunga e ripetitiva la parte delle testimonianze sul banditismo. Il libro oltre a narrare eventi storici eccezionali provava ad invitare alla riflessione su questioni più ampie come l’identità, la scelta e la responsabilità individuale con l’introduzione di due personaggi inventati che si scontravano con le loro differenze culturali in una Spagna degli anni '50 . Sicuramente apprezzabile lo sforzo ma è indubbio che è un parte minore rispetto alla storia della Pastora.
In una Spagna che, mentre tentava con la guerriglia di abbattere il franchismo, sembra fatta solo di vendette, rancori, inganni, delazioni e crudeltà, dove gente di lì non vedeva alcuna speranza nel proprio futuro, ecco che vengono introdotti questi due personaggi che si mostrano in tutte le loro fragilità ed evoluzione.
In questo ambiente, Nourissier, lo psichiatra francese, si scopre essere come un bambino viziato, costretto in una vita che non aveva mai davvero scelto ma che ci si è trovato a vivere e ad accettare. Permeato in un ambiente ricco, di cultura, di onestà, rispettabilità e dedizione alla famiglia, tutti i suoi principi e valori gli sono stati dati dal suo ambiente. Ora invece tutte quelle storie truculente di violenza, passione, odio e morte l’avevano come sradicato, trasportato in uno stato d’animo del tutto diverso da quello che conosceva. In un momento di profonda riflessione esistenziale, Nourissier arriva infine a considerare la sua vita precedente come superficiale e inutile.
Mentre per Infante, il giornalista spagnolo, il cambiamento è più chiaro nel finale quando si scopre che aveva tradito il dottore con la sua connivenza con la Guardia Civil, per poi pentirsene. Se prima viveva con indifferenza nei confronti del mondo con lo scopo di ritrovarsi al riparo da qualunque dolore e vivendo così la sua vita con la filosofia del “se non speri in nulla, nulla ti deluderà”, grazie alla inaspettata amicizia con il medico francese capisce che che non si può rimanere immersi nel fango per tutta la vita. Insomma un vero e proprio percorso di cambiamento e di redenzione e finirà con il voler espiare le proprie colpe andando a costituirsi.
Il personaggio della Pastora, invece, è il più forte del libro e il più triste. Per colpa di una scelta scellerata della madre che, alla sua nascita per colpa di una malformazione, scelse di dichiararla femmina (per evitare future discriminazioni) la sua vita è sempre stata permeata di solitudine, cosa che la porterà a vivere bene tra i monti tanto che diverrà suo malgrado protagonista di imprese ardite e un mito della leggenda popolare: il mistero sulla sua vera identità (una donna che si traveste da uomo per non farsi trovare) e sulle sue vere intenzioni (partigiana o bandito?) è accusata di 29 omicidi ma alla fine si scopre che non ne aveva compiuto neanche uno. Ma questa solitudine la porta anche a cercare amicizia nelle bande partigiane guerrigliere perché ricchi di quel valore che non trovava tra amici e parenti. Per i partigiani, per il partito, tutte i compagni, tutte le persone hanno pari dignità e meritano rispetto. Alla fine, nonostante le avversità e i pericoli, raggiunge la veneranda età di 87 anni che non è niente male per una persona che è vissuta per metà vita da sola sulle montagne e una buona parte in prigione da dove ne uscì solo grazie all’amnistia proclamata dopo la morte di Francisco Franco nel 1977.
Forse, più che la Pastora, era più il suo amico Francisco a dover essere psicoanalizzato per la sua efferatezza e crudeltà che si scatena quando si sente braccato e costretto ad abbandonare la sua famiglia e le sue figlie.