Baylee reviewed Venivamo tutte per mare by Julie Otsuka (La grande letteratura giapponese, #7)
Venivamo tutte per mare
4 stars
Non posso fare a meno di iniziare questa recensione con un po’ di sconcerto nel registrare che questo romanzo fa parte di una collana dedicata alla letteratura giapponese, quando l’autrice è nata in California e tuttora lavora e vive negli USA. È vero che le definizioni di cosa rientra e cosa no in un certo tipo di letteratura sono sempre lasche, ma vivere in questo Paese mi ha insegnato il disagio che lз italianз provano nel (non) gestire i cambiamenti demografici e sospetto che il cognome Otsuka in questo caso pesi più del suo luogo di nascita e crescita.
Comunque, sono contenta di aver letto Venivamo tutte per mare, sia perché racconta una storia – l’immigrazione giapponese, in questo caso soprattutto delle donne, negli USA e il successivo internamento nei campi – ancora poco conosciuta, sia per il modo in cui lo fa. Venivamo tutte per mare, infatti, …
Non posso fare a meno di iniziare questa recensione con un po’ di sconcerto nel registrare che questo romanzo fa parte di una collana dedicata alla letteratura giapponese, quando l’autrice è nata in California e tuttora lavora e vive negli USA. È vero che le definizioni di cosa rientra e cosa no in un certo tipo di letteratura sono sempre lasche, ma vivere in questo Paese mi ha insegnato il disagio che lз italianз provano nel (non) gestire i cambiamenti demografici e sospetto che il cognome Otsuka in questo caso pesi più del suo luogo di nascita e crescita.
Comunque, sono contenta di aver letto Venivamo tutte per mare, sia perché racconta una storia – l’immigrazione giapponese, in questo caso soprattutto delle donne, negli USA e il successivo internamento nei campi – ancora poco conosciuta, sia per il modo in cui lo fa. Venivamo tutte per mare, infatti, è un racconto corale che racconta questa pagina della storia statunitense attraverso le esperienze di numerose donne di origine giapponese, spesso senza dare loro un nome o un volto, ma identificandole di volta in volta con la loro esperienza e il modo in cui i grandi eventi storici impattano sulla vita di ognuna.
Probabilmente deluderà chi è in cerca di un romanzo che lǝ aiuti a capire quella fetta di storia, visto che è fatto più di punti di vista che di racconto omogeneo: è più una lettura per chi sa, anche solo a grandi linee, cosa è successo e può lasciarsi trasportare da Otsuka nel sentire di queste donne giapponesi trapiantate negli USA. L’autrice è stata anche molto brava a evitare il sentimentalismo e a riprodurre quel modo di raccontare che associamo alle nonne e a chi ha vissuto in un’epoca a noi (relativamente) lontana.
Il romanzo si conclude con la solita riflessione sull’immigrazione, sull’integrazione e sulla facilità con la quale lasciamo che le istituzioni facciano del male a intere categorie di persone. Dico la solita non tanto perché mi sia seccata di leggerla, ma perché sono amareggiata dal fatto che una raccomandazione così presente in letteratura viene drammaticamente ignorata ogni volta: sappiamo che non va a finire bene, in un modo o nell’altro, ma noi niente, non riusciamo mai a fermarci prima del disastro. Poi piangiamo sul latte versato e ci chiediamo come sia stato possibile. Che orrore.