cretinodicrescenzago reviewed A Princess of Mars by Edgar Rice Burroughs (Barsoom, #1)
L'origine di tutta l'avventura fantastica
4 stars
Da lettore affezionato di sword & sorcery e discreto estimatore della space opera, un tempo ero restio a dare una chance alle avventure di John Carter, temendo di perdere tempo con delle anticaglie noiose pervase di machismo dozzinale e miopia di vedute: se ciò può capitare leggendo i pezzi peggiori del bravo Robert Howard, figurarsi con il suo modello antecedente di 10-15 anni! E invece, grazie agli articoli di retrospettiva su Burrough pubblicati dalla casa editrice DMR Books (che consiglio un sacco!), e grazie al bellissimo progetto di fabbricazione di ebook liberi chiamato standardebook.org, mi sono convinto a fare il salto nello spazio siderale e visitare anche io il pianeta Barsoom... e ne è valsa la pena. Certamente, A Princess of Mars ha assolutamente una costruzione di intreccio molto elementare, in cui John Carter vagabonda per il pianeta Marte, ovunque arriva si ritrova invischiato in scontri e contese belliche, e …
Da lettore affezionato di sword & sorcery e discreto estimatore della space opera, un tempo ero restio a dare una chance alle avventure di John Carter, temendo di perdere tempo con delle anticaglie noiose pervase di machismo dozzinale e miopia di vedute: se ciò può capitare leggendo i pezzi peggiori del bravo Robert Howard, figurarsi con il suo modello antecedente di 10-15 anni! E invece, grazie agli articoli di retrospettiva su Burrough pubblicati dalla casa editrice DMR Books (che consiglio un sacco!), e grazie al bellissimo progetto di fabbricazione di ebook liberi chiamato standardebook.org, mi sono convinto a fare il salto nello spazio siderale e visitare anche io il pianeta Barsoom... e ne è valsa la pena. Certamente, A Princess of Mars ha assolutamente una costruzione di intreccio molto elementare, in cui John Carter vagabonda per il pianeta Marte, ovunque arriva si ritrova invischiato in scontri e contese belliche, e bene o male ne esce sempre benone grazie alla sua prestanza fisica superiore a quella dei nativi marziani (prestanza che Burrough cerca pure di giustificare a livello ecologico-anatomico, il che mi fa sorridere assai!); indubbiamente, è anche vero che tutti i personaggi hanno una psiche molto semplice, e ci possiamo scordare i processi drammaturgici di redenzione o dannazione della fantascienza sociale alla Ursula Le Guin; e infine, è indiscutibile che la prospettiva morale proposta come superiore e auspicabile da Carter (e da Burroughs per bocca sua) sia una glorificazione dell'onore marziale e dell'agone all'ultimo sangue molto romantica e ingenua, che stride (o dovrebbe stridere) tremendamente in qualunque testa pensante sia viva dopo le Guerre Mondiali... PERÒ, non si può assolutamente negare che le trame velocissime, rissose e melodrammatiche di Burroughs incollino alla pagina tanto efficacemente quanto una serie TV contemporanea media, se non di più, né che i semplici personaggi di Burroughs presentino comunque una loro dignità e rotondità, che si tratti della composta passionalità della principessa Deja Thoris o dell'acume politico del condottiero Tars Tarkas, o della connotazione banale ma fuzionalissima dei cattivi cattivissimi quali Thal Hajus o il jeddak di Zodanga. Né si può negare il genio immaginativo con cui Burroughs ha costruito un pianeta Marte sì implausibile e pieno di esotismi che travalicano la sensatezza (esattamente, perché i Marziani parlano ancora se sono perfettamente telepati?), ma anche per questo estremamente tangibile e affascinante, e della giusta consistenza per risultare un mondo immaginario plausibile, nel quale la mente può vagare e tutto può accadere — c'è poco da fare, ma senza Barsoom nessuno avrebbe mai pubblicato né la Terra di Mezzo, né Terramare, né qualsivoglia opera fantastica situata in un mondo immaginario complesso e profondo. Infine, una nota sul paragrafo finale: credo sia una delle poche chiusure di un romanzo che mi si siano impresse in testa per il loro slancio lirico, e mi lascia combattuto fra trattare l'opera come un autoconclusivo dal finale aperto, o proseguire la saga con gli scritti successivi. Immagino che chi vivrà vedrà.